Parthenope recensione

La nostra recensione di Parthenope, ultima opera del regista premio Oscar Paolo Sorrentino in arrivo nei cinema italiani dal 24 ottobre e in programmazione speciale in alcune sale

Dopo mesi di febbrile attesa, finalmente allo scoccare della mezzanotte tra il 19 ed il 20 di settembre, il miracolo si è compiuto. ‘Parthenope’ è nata e noi di Bingy News di certo non potevamo farci sfuggire un evento di tale portata. Presentato lo scorso 21 maggio alla 77esima edizione del Festivàl de Cannes, il film ha tenuto con il fiato sospeso tanto gli ammiratori del regista quanto i suoi detrattori. Perché ‘Parthenope’ poteva essere l’opera totale di Sorrentino, forse più dell’intimo ‘E’ stata la mano di Dio’, un’opera grandiosa co prodotta da Fremantle, The Apartment, Saint Laurent productions, Numero 10 e Pathé Pictures.

Parthenope – Recensione: Napoli attraverso la protagonista

Un film che raccontasse Napoli, attraverso la storia di una donna, Parthenope Di Sangro (Celeste Dalla Porta) fino ad un certo punto della sua vita. Un progetto senz’altro ambizioso, dato anche il carattere provocatorio del suo regista, che in quest’ultimo lavoro porta all’esasperazione certi tratti peculiari del suo stile. In ‘Parthenope’ infatti trovano spazio tanto il filone estetico (La grande bellezza), quanto quello intimista (E’ stata la mano di Dio) quanto quello religioso (The young Pope). 

Il primo dei tre è indubbiamente il più evidente, complice la fotografia commovente di Daria D’Antonio, con risultati tanto lirici da risultare addirittura insolenti. Ma chiedere ad un film su Napoli di non essere una serie di belle inquadrature è come chiedere ad una bella donna di smettere di essere una bella donna perché la sua bellezza intimidisce le persone. Embé sapete come vi risponderebbe Greta Cool (Luisa Ranieri)? “E cacatemi il cazzo”.

Parthenope – Recensione: La cosa più esteticamente perfetta

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Paolo Sorrentino e Celeste Dalla Porta

‘Parthenope’ è esattamente quello che ci si aspettava da Parthenope: la cosa più esteticamente perfetta, infarcita qua e là di frasi ad effetto, su cui probabilmente i vostri occhi poseranno lo sguardo per il resto della vostra vita, comparabile ad una scultura greca o ad un dipinto di Michelangelo. Più bella de ‘La grande bellezza’, banalmente perché Napoli è più bella di Roma. A Posillipo tu piangi e ti scordi quello che ti fa male, al Pincio dici ammazza che panorama. 

Del resto le intenzioni del film sono chiarite entro dieci minuti dall’inizio: “E’ impossibile essere felici nel posto più bello del mondo.” E Napoli è il posto più bello e anche più disgraziato. E Parthenope è la fanciulla più bella del mondo. E anche la più disgraziata. E anche la più sfacciata, lasciva, impenitente, incomprensibile, opulenta. 

Parthenope Di Sangro è un simulacro, un contenitore, una metonimia. Le sue gambe e la sua voce trasfigurano in carne ed ossa le pietre laviche e l’acqua salata. Tutto quello che fa Parthenope è un episodio della vita di Napoli.

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