Ecco la nostra recensione dei primi due episodi di The Handmaid’s Tale 5 dal titolo “Morning” e “Ballet”
Dopo più di un anno d’attesa, il momento che stavamo tutti aspettando è arrivato: The Handmaid’s Tale 5 è finalmente tornato e non vedo l’ora di darvi la mia recensione.
The Handmaid’s Tale 5: Recensione dei primi due episodi
Il primo episodio di The Handmaid’s Tale 5 dal titolo “Morning” riprende esattamente da dove avevamo lasciato la storia l’anno scorso: la vendetta di June contro il suo rapitore e stupratore, il comandante Fred Waterford (Fiennes), è stata compiuta.
Dopo tutte le sofferenze, gli abusi e i soprusi subiti da Fred, June è riuscita a liberarsi una volta per tutte del suo carnefice e l’ha fatto in perfetto stile Gilead.
Come darle torto, ha provato ad ottenere giustizia in ogni modo durante tutte e quattro le stagioni, rivolgendosi al Messico, al Canada, tutto in maniera legale. Ha perfino raccontato per filo e per segno tutto quello che aveva subito e ha dovuto farlo davanti a Luke, suo marito.
E che cosa ha ottenuto in cambio?
L’immunità di Fred grazie alla collaborazione del medesimo.
E adesso ci troviamo di fronte al post-vendetta, a una furia omicida, un senso euforico e… una fame incontrollabile.
Quella fame ingorda altro non è che un riflesso del suo disturbo da stress post traumatico PTSD; Stefano Erzegovesi, psichiatra e nutrizionista ha proprio dichiarato che chi soffre del disturbo post-traumatico da stress ha una minore attitudine a gestire l’impulsività e il cibo diviene il primo anestetico per l’essere umano, quando è in difficoltà.
Allo stesso tempo pero’ June comprende grazie a Luke e Moira che non vuole essere come Fred e Serena e che se ci deve essere giustizia per i crimini commessi allora anche lei stessa deve pagare per quello che ha fatto.
Tuttavia, il fato gioca ancora una volta brutti scherzi permettendo a June di cavarsela con una multa da 88 dollari che può pagare tranquillamente online.
Ho letto molti commenti che criticavano il comportamento di Moira, accusandola di non avere empatia, ma credo fortemente che non si tratti di questo. Da una parte Moira sta cercando di vivere una vita nella disperata ricerca di una sorta di normalità. Non solo, è terrorizzata da quello che June sta diventando, da come la sua migliore amica sta abbracciando l’oscurità senza pensare alle conseguenze.
Per Moira, lasciare andare la rabbia è l’unico strumento che conosce per combattere il suo trauma, mentre per June la rabbia è quel sentimento che le serve per riappropriarsi della sua vita e della sua libertà.
Invece, per quanto riguarda Luke, dobbiamo pensare che abbiamo di fronte un uomo che si sta aggrappando alla speranza che il suo matrimonio possa essere salvato, che June stessa possa essere salvata, vuole portare sua moglie verso la luce.
Il montaggio nel secondo episodio di The Handmaid’s Tale 5
Ed ecco che diviene incredibilmente bello e pieno di significato il montaggio finale del secondo episodio di The Handmaid’s Tale 5 quando si alternano un balletto di danza classica ad un funerale. June vuole lasciarsi il passato alle spalle e concentrarsi sulla sua vita matrimoniale. Non è un caso la scelta del vestito bianco, è come se dicesse “sto abbandonando l’oscurità e incamminandomi verso la luce“.
Mentre Serena invece, vestita di nero come la perfetta vedova di Gilead va completamente incontro alla sua oscurità e lo fa nel migliore dei modi: dichiara platealmente guerra a June.
L’ipocrisia di Serena
The Handmaid’s Tale non esisterebbe se al suo interno non fosse presente la nostra cara Serena Joy. Serena in questi primi due episodi della quinta stagione riesce come sempre a tirare fuori il meglio di sé. Solo che in questo caso il meglio non è certo da intendere sotto la chiara e brillante luce della positività anzi, per ogni villain che si rispetti ci sono alcuni ingredienti fondamentali tra cui una buona dose di manipolazione, di strategia e ovviamente tanta ma proprio tanta ipocrisia.
E’ bellissimo vedere come Serena si rivolge a Tuello trattandolo come il suo servetto (possiamo biasimarla? La poveretta non ha più una Martha al suo servizio), cercando di usare tutto l’ascendente che ha verso di lui per ottenere quello che vuole, tutto quello di cui ha bisogno. D’altronde lo ha fatto per anni con il suo defunto marito e ha sempre funzionato, quindi perché non continuare?
E’ innegabile l’ipocrisia da cui attinge
Dopo tutto quello che ha combinato nelle precedenti stagioni, tenendo ben presente che è anche una delle principali fondatrici di Gilead, Serena ha pure il coraggio di interpretare la parte della vittima, chiedendo che June paghi per quello che ha fatto a suo marito.
La vedova, in questi primi due episodi di The Handmaid’s Tale 5 si lancia in una vera e propria guerra psicologica
Nel corso del funerale accanto a Serena troviamo la piccola (ormai non più tanto) Hannah. Durante quei momenti una frase continuava a girarmi per la testa: “As long as my baby is safe, so is yours“ (Finchè il mio bambino è al sicuro anche la tua lo sarà). Questa fu la frase che Serena disse a June alla fine della prima stagione, quando June era chiusa in macchina mentre osservava dal finestrino Serena con sua figlia senza che quest’ultima sapesse nulla, senza poterle parlare e senza poterla riabbracciare.
Eh si il lupo perde il pelo ma non il vizio, proprio come il comandante Putnam
Putnam “il lupo perde il pelo ma non il vizio..”
Non dedicherò molto tempo all’essere disgustoso, viscido e deplorevole che è il Comandante Putnam, anche se, bisogna tener presente che venendo a mancare Waterford, la serie aveva bisogno di un personaggio così. Solo che invece di inserire un nuovo personaggio, gli autori hanno deciso di dare più spazio ad una vecchia conoscenza, il comandante Putnam che aveva già mostrato in precedenza di possedere un lato diciamo perverso. Lato perverso che gli costò una mano, punizione richiesta peraltro dalla sua stessa moglie. Purtroppo però la perdita di un arto non gli è servita a redimersi.